#IOSONOMARE, la campagna che valorizza il monitoraggio sull'ambiente marino
L’11 aprile si è dato il via alle iniziative per la seconda edizione della “Giornata del mare e della cultura marina" un calendario di eventi sul territorio che si concluderanno il 2 dicembre con la “21° Conferenza delle Parti della Convenzione di Barcellona per la Protezione del Mar Mediterraneo dall’Inquinamento” a Napoli, dove ci parlerà di blue economy, sviluppo sostenibile e biodiversità.
La campagna
In questa occasione il ministero dell’ambiente, con ISPRA, Regione, Arpa e alle Aree Marine protette ha lanciato la campagna #IoSonoMare al fine di valorizzare il monitoraggio sull’ambiente marino.
“Vogliamo tenere i riflettori accesi sul mare, coinvolgendo i cittadini Il mare unisce i popoli più che dividerli, e sempre più deve essere un ponte tra diverse culture per promuovere una cultura comune, condivisa, che è la cultura del mare. Per questo proporrò alla Cop di Napoli l’istituzione di aree marine transnazionali: ne immagino una pionieristica tra Italia, Africa e partner europei”. (CIT., Ministro Ambiente Sergio Costa)
I risultati dei monitoraggi
In questa occasione sono stati presentati e discussi i risultati dei monitoraggi svolti in attuazione della Direttiva Strategia Marina redatta da ISPRA e del report “Contaminazione dei mari in Europa" pubblicato dalla EEA (Agenzia Europea per l’Ambiente) che segna il primo tentativo di mappare, nelle 4 aree marittime del vecchio continente, la presenza sul lungo periodo di inquinanti chimici e di altre sostanze pericolose.
Dalla valutazione di EEA il problema della contaminazione resta un problema di larga scala per tutti i mari europei: il Baltico presenta, nel 96,3% delle aree monitorate, una situazione problematica; percentuale simile per il Mar Nero (90,8%) e per il Mediterraneo (87.3%); situazione che migliora, restando comunque problematica, nel Nord Est dell’Atlantico dove “solo" il 75% delle aree monitorate contengono livelli di inquinamento preoccupanti.
Tuttavia, il report presenta una situazione in lento miglioramento segnalando un calo di dei DDT (che comunque è l’insetticida più rinvenuto) e nelle concentrazioni di metalli pericolosi come mercurio e cadmio. Sono segnali positivi che però, secondo la segnalazione degli esperti dell’EEA, non ci permetteranno di raggiungere i 7 obiettivi comunitari in materia di salvaguardia dell’ambiente marino fissati per il 2020-21.
L’EEA segnala inoltre che molti agenti contaminanti persistono per decenni nei nostri mari e sia necessario un approccio che ne vieti completamente il loro uso, la linea d’azione comunitaria nata per affrontare l’inquinamento marino non basta.
E i fiumi?
A giugno di quest’anno è stata pubblicata una ricerca sulla rivista “Science of the Total Environment" che dimostra la prevalenza di sostanze chimiche biologicamente attive nei corsi d’acqua di tutta Europa.
Purtroppo, infatti il referto non è rassicurante: nel sistema “venoso" europeo scorre un mix di farmaci antimicrobici, diserbanti, insetticidi, fungicidi e pesticidi (circa 100 di cui il 25% vietato per legge); rilevando che in metà dei siti analizzati almeno una di queste sostanze risultava sopra i livelli massimi consentiti.
Il gruppo di lavoro è stato guidato dal Dott. Jorge Casado che ha affermato: “C’è un’enorme incertezza su quali effetti queste miscele di sostanze potrebbero avere sulla fauna selvatica e sulla salute umana. Nonostante i continui sforzi dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) per stabilire metodi di valutazione, allo stato attuale non sappiamo ancora cosa significhino esposizioni così complesse e variabili ai prodotti chimici, anche se alcuni e si trovano a concentrazioni individuali non preoccupanti”.
In Italia: il DDL Salva Mare
Anche l’Italia si sta muovendo per migliorare la salute dei nostri mari, il 4 aprile infatti, dopo una lunga attesa, è stato pubblicato il DDL Salva Mare, che contiene norme che hanno l’obiettivo di “contribuire al risanamento dell’ecosistema marino e alla promozione dell’economia circolare" focalizzandosi sul fishing for litter e su campagne volontarie di pulizia e si sensibilizzazione.
La grande novità è quella che lascia la possibilità per i pescatori di portare a terra la plastica accidentalmente finita nelle reti, cosa che era proibita finora per legge: chi si cimenterà nel ruolo si “spazzino nel mare" riceverà un certificato ambientale e la sua filiera di pescato sarà adeguatamente riconoscibile e riconosciuta.
La soluzione però non è da considerarsi un modello così virtuoso per la risoluzione del problema.
Pensandoci su, effettivamente, è rischioso considerare “sostenibile" una attività come la pesca a strascico (ricordiamoci che è spesso una delle principali minacce all’integrità marina) solo perché è legata al marine litter. È sicuramente un bene che i rifiuti non vengano ributtati in mare ma da qui a definire sostenibile questo tipo di pesca sarebbe una beffa nei confronti dei pescatori che veramente lo fanno in maniera responsabile.
Ma quanto ci costa l’inquinamento marino?
Un team internazionale di scienziati ha pubblicato su Science Direct una indagine che descrive l’impatto economico e sociale prodotti dall’inquinamento marino: il risultato è una cifra a 9 zeri.
All’interno del documento è infatti dimostrato come questo tipo di inquinamento costi alla società centinaia di dollari per tonnellata di rifiuti che, moltiplicati per i quasi 8 milioni di tonnellate tra micro e macro-plastiche riversati nei nostri oceani, producono un totale che supera facilmente li 2,6 miliardi di dollari.
I ricercatori non sono tuttavia solo preoccupati per gli impatti ecologici immediati infatti la plastica ha il potenziale di spostare drasticamente l’ecologia dei sistemi marini: alcune materie plastiche sono addirittura in grado di creare nuovi habitat per batterie ed alghe che, aumentando la gamma biogeografica dei microorganismi, rischiano di facilitare la diffusione di specie e malattie invasive.
L’iniziativa è dunque di fondamentale attualità e rilevanza, la cultura del mare è davvero la cultura di tutti ed è necessario che la risonanza che ha il tema ad oggi porti ognuno ad azioni concrete a favore della blue economy.
Così come nel nuovo mito del Terzo Paradiso di Pistoletto è importante che ognuno assuma una personale responsabilità indispensabile per assicurare al genere umano la propria sopravvivenza.
di Gianluca Gualco