Economia della ciambella: la connessione tra confini planetari ed economia
Oggi torniamo a parlare dei confini planetari cercando di capire come essi possono essere interlacciati con il mondo e l’economia.
Sappiamo già che senza misure di adattamento ai cambiamenti climatici, 100 milioni di persone nei prossimi 15 anni varcheranno la soglia della povertà estrema, i dati derivano dalla Banca Mondiale.
I costi umani
Purtroppo siamo abituati a ragionare, quando parliamo di ondate di calore o di condizioni meteorologiche estreme, in termini di PIL, peccato che tale approccio non permetta di cogliere i costi umani del cambiamento climatico nella sua interezza; parliamo di una parte di popolazione che nella maggior parte dei casi non viene nemmeno censita dalle statistiche nazionali che è, tra l’altro, quella più vulnerabile ai disastri climatici.
Bisogna quindi cominciare a guardare il mondo in una maniera diversa e provare a cambiarlo.
Kate Raworth, economista inglese che lavora per l’Università di Oxford e Cambridge, nel libro “L’economia della ciambella" unisce il concetto di confini planetari e nuovi concetti di finanza proponendo un approccio agli stessi che servirebbe a rimuovere convinzioni che non sono più in grado di leggere la realtà che ci circonda.
Cosa dobbiamo fare realmente?
La Raworth pone 7 obiettivi principali.
NON BISOGNA PIÙ ACCOPPIARE IL PROGRESSO CON IL PIL.
Questo sistema è stato usato per giustificare diseguaglianze nel reddito e nella ricchezza.
Nel XXI secolo dobbiamo avere un obiettivo più grande: rispettare i limiti del pianeta ed al loro interno rispettare i diritti umani creando economie, portando tutti in uno “spazio" sicuro ed equo, prosperando in equilibrio.
BISOGNA VEDERE L’IMMAGINE COMPLESSIVA.
L’economia è spiegata secondo un solo diagramma, quello con il flusso circolare del reddito; decisamente limitante… ci è servito però per rafforzare la narrativa neoliberista sull’efficienze del mercato, la vita domestica, l’incompetenza dello stato.
Dobbiamo cambiare il disegno, integrando l’economia nella società e soprattutto nella natura (e magari fare che sia alimentata dal sole) e rivedere tutte la narrative riguardo alla partecipazione dello stato, al ruolo del nucleo famigliare che torni al centro, alla creatività dei beni comuni.
COLTIVARE LA NATURA UMANA.
Ci hanno raccontato che l’uomo è egoista, calcolatore, con gusti stabili, isolato e che è in grado di dominare la natura e noi, su questo modello, siamo diventati quello che siamo oggi.
Ma siamo tutti sicuri di essere qualcosa di più di cosi: siamo essere sociali, vicini, fluidi nei valori, interdipendenti e sicuramente dipendenti dal mondo vivente.
ACQUISIRE COMPRENSIONE DEI SISTEMI.
Ogni studente di economia affronta, come prima cosa, il diagramma che definisce i rifornimenti del mercato e delle curve della domanda; le metafore su cui si basano risalgono al XIX secolo e sull’equilibrio meccanico.
Bisogna però cominciare a pensare alla dinamicità dell’economia attraverso un atteggiamento sistemico riassumendolo in un paio di cicli di feedback, dai cicli di espansione e contrazione dei mercati, alla diseguaglianza economica ai punti di non ritorno legati ai cambiamenti climatici.
Non esistono leve di comando: bisogna cominciare a gestire l’economia come un sistema complesso in continua evoluzione.
PROGETTARE PER DISTRIBUIRE.
Nel XX secolo, la curva di Kuznets ci ha spiegato come mai “deve prima andare peggio per poi andare meglio“, ma abbiamo capito che la diseguaglianza non è una necessità economica: è un errore di progettazione.
E’ necessario quindi che l’economia si faccia distributiva e che si distribuiscano reddito e ricchezza, soprattutto quella che giace nelle imprese, nelle tecnologie e nelle conoscenze.
CREARE PER RIGENERARE.
Ci hanno detto che un ambiente “pulito" è un bene di lusso, che solo i benestanti possono permettersi; che l’inquinamento deve peggiorare prima di migliorare e che la crescita, alla fine, avrebbe portato un miglioramento.
Peccato che il degrado ecologico sia semplicemente il risultato di una progettazione industriale mal fatta e quindi degenerativa.
Bisogna restituire agli essere umani il ruolo di partecipanti ai processi della vita sulla terra e incitare un processo economico che scateni la progettazione ai fini di creare un economica circolare – e non più lineare – e con un fine rigenerativo.
ESSERE AGNOSTICI RIGUARDO ALLA CRESCITA.
Esiste un diagramma così pericoloso nella teoria economica che non è mai stato realmente tracciato: l’andamento a lungo termine della crescita del PIL.
L’economia mainstream fissa infatti l’obbligo della continua crescita: peccato che niente in natura cresca in maniera infinita e per sempre ed il tentativo di opporsi a questa tendenza crea grosse questioni in quei paesi dove la crescita è bassa ma il reddito è alto.
Dobbiamo provare ad eliminare la nostra dipendenza da questo cercando economie che ci facciamo prosperare, che siano essere in crescita o meno. Da questo punto di vista è quindi necessario essere agnostici riguardo la crescita e capire come quelle economie che oggi dipendono socialmente, politicamente e finanziariamente dalla crescita possano continuare ad esistere anche senza di essa.
In conclusione vi è la necessità di rivedere le teorie economiche assodate e conosciute ad oggi e completarle con ragionamenti in grado di spiegare e migliorare la realtà odierna. L’obiettivo è quello di comprendere come costruire un modello capace di ricreare una situazione più sostenibile per tutti, per l’ambiente e per l’uomo.
di Gianluca Gualco