La Cassazione torna a parlare di ambiente e 231
Tradizionalmente, la responsabilità dell’impresa ai sensi del d.lgs. 231/01 è associata alla tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e molto spesso se ne esente parlare con riferimento ai reati di omicidio o lesioni colpose per la violazione delle norme prevenzionistiche.
Non bisogna però sottovalutare l’impatto che la responsabilità 231 può avere sull’impresa in caso di reati ambientali, tema su cui la Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in varie recenti sentenze.
La valutazione dei rischi ambientali
La corretta valutazione dei rischi ambientali, anche in termini di possibili condotte illecite, è essenziale nel risk management che ogni impresa conduce; spesso il tema ambientale crea false sicurezze e l’azienda è inconsapevolmente esposta a numerosi rischi di carattere penale.
L’art. 25undecies d.lgs. 231/01 elenca una serie nutrita di reati presupposto in materia ambientale e ciò, unito alla complessità della materia dal punto di vista amministrativo, facilita una possibile disattenzione da parte delle imprese chiamate a gestire e governare i molteplici fattori di rischio che l’attività comporta.
Per citare qualche esempio, l’ente risponde con sanzioni pecuniarie fino a € 1.200.000,00 oltre alle sanzioni interdittive fino a 1 anno (in taluni casi, anche fino a 3 anni) se non gestisce in maniera corretta i rifiuti (sia quale produttore sia quale smaltitore), se sversa sul suolo o nelle acque in maniera illecita, se supera i limiti tabellari imposti dalla legge o da provvedimenti amministrativi per talune sostanze ecc.
Il reato di inquinamento ambientale
Soprattutto, l’ente risponde per il reato di inquinamento ambientale (art. 452bis c.p.) ovvero per aver cagionato una compromissione o deterioramento del suolo, del sottosuolo, delle acque, dell’aria in maniera misurabile e significativa.
L’ente risponde anche se il reato non è stato commesso intenzionalmente ma per mera negligenza e a prescindere dalla modalità con cui la condotta avviene: in questo modo, l’area di responsabilità “penale” dell’impresa si dilata e finisce col comprendere ogni tipo di condotta pregiudizievole per l’ambiente.
Peraltro, la responsabilità diventa ancora più pesante in ragione della confisca del prezzo e del profitto del reato (ad es., i macchinari che hanno prodotto l’inquinamento, la somma di denaro pari a quanto l’impresa avrebbe dovuto spendere per regolarizzarsi, quanto l’impresa ha guadagnato dalla commissione del reato ecc.) che può essere anticipata in fase di indagini preliminari con il sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca disposto dall’Autorità Giudiziaria.
Il sistema 231 in materia ambientale
L’importanza di dotarsi di un efficace “sistema 231” in materia ambientale è dunque di assoluta importanza.
La giurisprudenza è ormai orientata nel senso che il possesso di certificazioni ISO in materia ambientale non sia sufficiente ad esonerare l’ente dalla responsabilità poiché solo il Modello Organizzativo di Gestione e Controllo (MOG) previsto dall’art. 6 d.lgs. 231/01 può avere tale effetto.
L’importanza del MOG è fondamentale anche perché in materia ambientale manca una norma analoga all’art. 30 T.U. sicurezza che presume l’adeguatezza del MOG qualora l’azienda abbia un sistema di gestione della sicurezza certificato e in linea con gli standard internazionali.
La salvezza dell’ente, allora, passa esclusivamente attraverso l’adeguata mappatura dei rischi di reato ambientale, l’adozione di un adeguato Modello 231 e l’efficace sorveglianza e monitoraggio dello stesso condotti dall’Organismo di Vigilanza.
di Paolo Pollini
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Quali sono i reati ambientali previsti dal D.lgs 231/01 e quali le possibili conseguenze?
In quanto a scarichi e gestione illecita dei rifiuti le sanzioni possono spingersi fino al sequestro dell'azienda già nelle fasi preliminari. ISO e modelli organizzativi possono però prevenire la responsabilità d'impresa.